I test Wellmicro® consentono di conoscere e valutare la composizione batterica e micotica presente nel campione, valutando il possibile impatto sullo stato di salute della persona.

Il  microbiota intestinale è l’insieme dei miliardi di microrganismi  che risiede nel nostro intestino. E’ ciò che viene definito comunemente flora intestinale.
Si stima che ciascuno di noi porti dentro di sé circa 100.000 miliardi di batteri con più di 1000 specie batteriche presenti, una comunità quantificabile in oltre 1,5 kg di batteri.
Recenti scoperte scientifiche hanno dimostrato quanto il microbiota presente in un determinato ambiente ne influenzi il suo “stato di salute” attraverso l’espletazione di funzioni fisiologiche e metaboliche che il nostro organismo non sarebbe altresi??? in grado di svolgere.
Il microbiota (l’insieme di batteri che colonizza l’intestino), se è in equilibrio ci protegge e mantiene in salute calibrando e regolando le nostre funzioni metaboliche e immunitarie. Al contrario, un’alterata composizione dell’ecosistema (disbiosi) può invece favorire l’insorgenza di diverse patologie e/o stati infiammatori.

Il test viene effettuato con tecnologie di ultima generazione (NGS) con  sequenziamento genico e restituisce indicazioni precise sull’ecosistema batterico e micotico (funghi e lieviti) intestinali.
Tale metodologia permette di leggere e codificare le “impronte digitali” presenti nel DNA di ogni microrganismo, così facendo siamo in grado di scattare una fotografia completa e affidabile di un intero ecosistema e interpretarne l’impatto per la nostra salute.
Il referto contiene commenti ed interpretazioni dei risultati utili al medico o al nutrizionista per un intervento mirato.

Siprec: necessario informare e prevenire

Silenzioso e, in alcuni casi, sottovalutato, l’aumento dei livelli di colesterolo nel sangue è il nemico numero uno delle coronarie e dei vasi sanguigni. La prevalenza dell’ipercolesterolemia si attesta al 30 per cento della popolazione adulta, con un trend in preoccupante crescita. Educare, informare e fare una buona prevenzione sono alcune tra le priorità della Siprec (Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare) alla vigilia della Seconda Giornata Italiana della Prevenzione Cardiovascolare, in programma a maggio.

“La definizione di ipercolesterolemia in senso generico può apparire oggi obsoleta – afferma Massimo Volpe, Presidente SIPREC e Professore di Cardiologia presso l’Università La Sapienza di Roma – poiché si fa ancora riferimento a una visione legata ai valori del colesterolo totale. In realtà, dal punto di vista clinico interessa soprattutto il valore del colesterolo Ldl, il cosiddetto “cattivo”, e i limiti considerati normali di questo valore sono diversi da persona a persona” in relazione al profilo di rischio cardiovascolare individuale. Il colesterolo è un grasso che non “viaggia” nel sangue ma viene trasportato dalle lipoproteine ed è un componente fondamentale delle membrane cellulari. Le lipoproteine ad alta densità, Hdl, rappresentano il cosiddetto colesterolo “buono”. Le lipoproteine a bassa densità, Ldl, formano il colesterolo “cattivo”, poiché nel loro tragitto verso i tessuti possono depositarsi sulle arterie e sui vasi, contribuendo alla formazione di placche aterosclerotiche rendendole tra l’altro più vulnerabili e mettendo a serio rischio la salute cardiovascolare. “Sono diversi i fattori alla base dell’ipercolesterolemia: un ruolo importante è legato alla genetica e alla familiarità – continua l’esperto – ma altrettanto importante è la componente ambientale, determinata dall’interazione tra patrimonio genetico e tutto quello che proviene da stili di vita e alimentazione. Da non sottovalutare, infine, la correlazione con il sistema ormonale, specie nelle donne in fase di climaterio e menopausa”. Tutte queste componenti, presenti in misura diversa, possono contribuire a determinare il rischio di patologie cardiovascolari, come infarti e forme gravi di angina a livello coronarico. Il rischio è inoltre significativo per le malattie che coinvolgono il sistema vascolare, come ictus e ischemie, ostruzione delle arterie, comprese le arterie addominali, problemi nella circolazione cerebrale. “Eventi come infarti o ictus possono essere ridotti se si attivano strategie di prevenzione e percorsi terapeutici ad hoc per i pazienti a rischio – afferma il professor Volpe – oggi non ci si accontenta più di un ‘effetto cosmetico’ dei farmaci. Le cure devono ridurre drasticamente la morbilità e la mortalità. Proprio in questa direzione vanno i trattamenti a base di statine che agiscono sul metabolismo cellulare del colesterolo”. “C’è ancora tanto da fare sulla percezione dei rischi legati all’ipercolesterolemia – conclude il Presidente della SIPREC – Per questa ragione la nostra attività si concentra molto sull’educazione e la corretta informazione. Una buona prevenzione è fondamentale non solo per tutti i cittadini ma anche per la sostenibilità futura del Servizio Sanitario Nazionale. Aggiungo che sarebbe auspicabile prevedere screening periodici dei livelli di colesterolemia sulla popolazione, in collaborazione con il territorio e le farmacie. Può bastare un semplice prelievo anche di poche gocce di sangue per intercettare una persona ad alto rischio ed arginare in tempo il rischio di incorrere in patologie cardiovascolari gravi”.

Fonte: askanews.it

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